Massimo Scarioni fa il punto della situazione

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Giunti a metà 2021, ci sembra doveroso fare il punto della situazione a fronte di un semestre che ha visto una crescita generale dei mercati internazionali, pur con velocità differenti: Cina e Stati Uniti hanno avuto un’attività decisamente vivace dal secondo semestre 2020, mentre i paesi di Area Euro hanno ingranato soltanto ad inizio 2021. In effetti, la maggior parte delle aziende ha chiuso l’anno in forte calo rispetto al 2019. Come sappiamo, il 2020 è stato particolarmente segnato da una pandemia che ha messo in evidenza alcune fragilità del mercato, come ad esempio la supply chain, con luoghi di produzione lontani dai luoghi di consumo: proprio per questo motivo, molte aziende europee stanno riportando sul vecchio continente produzioni che erano state delocalizzate. Certo, questa operazione sotto alcuni aspetti può presentare degli aumenti di costo, ma ci sono sicuramente dei vantaggi: oltre alla diminuzione dei costi logistici e la disponibilità immediata dei componenti richiesti, c’è il valore aggiunto del Made in Italy, apprezzato non solo nel mondo del food e del fashion, ma anche nel settore della meccanica. Per poter operare in modo competitivo in questo campo è necessario automatizzare i processi produttivi: infatti, solo grazie all’automazione le industrie riescono a mantenere una qualità elevata a un costo ridotto, rispondendo a un mercato che oggi richiede sempre più prodotti customizzati, ottenibili a costi ridotti solo grazie ad una forte flessibilità e ad una riconfigurazione delle linee produttive.
Lo dimostra il fatto che nel primo trimestre è tornata a crescere la richiesta delle macchine utensili: i costruttori italiani hanno avuto un incremento del 48% rispetto allo stesso periodo nel 2020, con un incremento degli ordinativi pari al 157% in più rispetto all’anno precedente, un dato sicuramente confortante che permette loro di “tirare il fiato” dopo mesi di grande difficoltà. Certo il dato deve essere ponderato, anche perché messo a confronto col primo trimestre del 2020, dove a fine febbraio ci siamo trovati a dover fronteggiare i primi effetti della pandemia internazionale, ma sicuramente gli incentivi per gli investimenti in nuove tecnologie di produzione previsti dal Piano Transizione 4.0 fanno ben sperare per i prossimi mesi.

Quando parliamo di industria 4.0, è doveroso precisare che ci riferiamo al monitoraggio e controllo dei processi industriali. Da dove nasce questa definizione?
Era l’aprile del 2011: durante la fiera di Hannover (Hannover Messe), nel foglio informativo di un’associazione tedesca apparve un articolo dal titolo “INDUSTRIE 4.0”, che in pratica preannunciava la quarta rivoluzione industriale che qualche mese prima era stata sottoposta alle autorità competenti per approvazione. Per l’Italia fu definito “Progetto per l’industria del futuro 4.0”: da allora sono passati 10 anni, il termine “Industria 4.0” si è trasmesso in modo virale ed è oggi un concetto affermato nel mondo della manifattura europea. In pratica, si è trattato di un passaggio dall’automazione tradizionale, con risultati predeterminati, a macchine e ambienti di apprendimento e auto-adattamento che reagiscono in tempo reale ai cambiamenti nella domanda dei clienti e alle interruzioni previste, il tutto con tre grandi vantaggi:

  • Produttività
    In un mondo sempre più interconnesso, come quello di oggi, dove la competitività è un tema molto attuale e l’accessibilità alle tecnologie è sempre più possibile, poter lavorare sui costi e sui margini è fondamentale per assicurare forza all’azienda.
  • Tracciabilità
    C’è un’attenzione crescente alla tracciabilità, una caratteristica sempre più normata in tutti i settori, dal farmaceutico all’alimentare: la tecnologia può essere di grande aiuto, se i processi retrostanti lo permettono.
  • Agilità
    Sempre più spesso vengono richiesti prodotti customizzati e consegne sempre più rapide: occorre quindi capacità di riprogettare le linee di produzione in tempi brevi e in modo efficiente.

In buona sostanza, l’evoluzione verso la digitalizzazione introduce per le aziende un momento in cui hanno l’opportunità di migliorare i propri processi revisionandoli nella loro interezza e rendendoli più snelli grazie a soluzioni tecnologiche migliori.
In questi ultimi mesi stiamo assistendo a una forte domanda di automazione per la produzione di veicoli elettrici e di batterie, prospettiva che offre alle aziende grandi opportunità per aprire nuovi mercati nel settore dell’automotive e della mobilità elettrica, ma anche nel segmento del lifetech per le tecnologie mediche: l’automazione di laboratorio sta vivendo un vero e proprio boom, con elevatissimi tassi di crescita.
Questa forte ripresa ci ha messo di fronte anche ad un rincaro delle materie prime, dall’acciaio ai metalli non ferrosi, fino alla plastica, con prezzi che variano di giorno in giorno unitamente alla scarsità di offerta. Questa situazione sta creando grande incertezza e difficoltà nelle aziende manifatturiere, che mostrano grande preoccupazione per l’aumento dei prezzi, che era partito già da ottobre scorso e che si è particolarmente acuito nel primo semestre di quest’anno. Questa circostanza si lega anche al fatto che il mercato cinese, e quello asiatico in generale, si sia assicurato scorte strategiche di diverse commodity già durante il 2020, forte di un’economia in ripresa dalla pandemia in anticipo rispetto all’Europa e al Nord America, generando la contrazione dell’offerta che le nostre imprese stanno soffrendo proprio in questi mesi.
Il mercato sta vivendo una fase di profondo disequilibrio, data da una forte crescita della domanda e da un’offerta che non riesce a farvi fronte. Nel prossimo futuro ci si aspetta una ripresa economica generalizzata, ma il problema continuerà a rimanere il prezzo delle materie prime: il rame, ad esempio, potrebbe raggiungere il massimo storico già nei prossimi mesi.